Quando ho visitato il Tortona Design District era ormai il terzo giorno di FuoriSalone. Tre giorni di lunghe camminate, di una borsa piena di cataloghi e biglietti da visita, la batteria esterna per il telefono (fondamentale!) e la reflex sulle spalle. Tutte cose che sommate creano un bel peso. Qui trovi il racconto degli eventi di Ventura Centrale e Lambrate Design District.
Quindi dopo aver selezionato le zone di interesse mi sono concentrata su due sole location che mi hanno impegnato mezza giornata, per poi tornare al computer e pubblicare un breve resoconto su Facebook.
La scelta si è rivelata azzeccata e tutte le installazioni di quel giorno mi hanno entusiasmata, o quasi. Partiamo da quello che ho più amato: l’Opificio 31. All’interno di questo spazio in via Tortona 31 c’erano diverse cose interessanti.
Una su tutte, ContainerWerk che converte container dismessi in spazi abitativi di qualità, con il massimo dell’efficienza energetica e a prezzi accessibili.
Il riutilizzo dei container mi aveva entusiasmata già a Seoul, quando ho visitato Common Ground con una selezione di marchi giovani e indipendenti di moda, accessori, bijoux, ristoranti con terrazza e una piccola area street food all’aperto al centro della struttura.
Visitare ContainerWerk nella mia Milano mi ha fatto tornare in mente i ricordi di quella fine estate del 2016, quando ho trascorso ben 6 settimane in Corea del Sud. Inutile dire che l’installazione mi ha colpita al cuore ma anche per la cura con la quale è stata realizzata e la bellezza del risultato.
Si tratta di mini appartamenti realizzati all’interno di costruzioni modulari con tanto di finestre oblò circolari e terrazzini fioriti che fanno riflettere sulla qualità della vita in spazi ridotti, ispirano a un cambio di prospettiva e invitano a considerare la questione della mobilità individuale ripensando il nostro concetto di vita, lavoro e viaggio.
A pochi passi c’era l’appartamento di Archiproducts, che ha allestito lo spazio con parecchio velluto, colore rosa, stampe a tema botanico e grandi tavoli in legno perfetti per postazioni di coworking.
Il SuperStudio Più in via Tortona 27 invece è stata la mia prima tappa quella mattina, per poter evitare la fila all’ingresso e alla mostra di Nendo. Pochi minuti prima delle 10, orario di apertura, eri già lì; la fila in strada scorreva veloce, complice l’accredito stampa fatto online il giorno prima. Ma arrivata da Nendo mi sono trovata un fiume di giornalisti, blogger e buyer soprattutto asiatici in attesa.
Il tutto è durato circa un’ora (vi ricordo che io sono andata durante la settimana) ma poi in una mezzoretta ho fatto tutto il giro della mostra. Nendo è uno studio di design giapponese guidato da Oki Sato e per questa molta c’è stata molta aspettativa.
Ma vale una tale fila? Se vi interessa particolarmente, credo di si. Io, ripeto, non sono un’espertona di design. Premessa fondamentale per non essere lapidata da chi ne capisce più di me.
La mostra espone non solo progetti terminati ma anche bozzetti e modelli per far capire anche il processo produttivo che sta dietro, il tutto giocato su total white e trasparenze all’interno di spazi oscuri con illuminazione direzionata e suoni, per un risultato molto scenografico.