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Tradizioni innovazione

LE TRADIZIONI SENZA INNOVAZIONE SONO IMMOBILITÀ – APPUNTI DI GENNAIO

Da qualche parte (dico davvero, non ricordo proprio dove e me ne scuso) ho letto che le tradizioni senza innovazione rappresentano l'immobilità. Condivido pienamente e aggiungo che la vita è un quaderno bianco con infinite pagine da riempire di colori e sfumature sempre nuove.

Oggi parliamo di tradizioni e vi racconto come le vivo io. Perché il periodo natalizio per me è sempre un momento di riflessione e quest’anno mi ha dato uno spunto in più.

Ma prima facciamo un passo indietro per capire davvero di cosa si sta parlando, perché spesso usiamo termini dei quali non conosciamo fino in fondo il significato. Io stessa, pur avendo ben chiaro in mente il concetto di “tradizione”, non sapevo esprimerlo bene a parole finché non ho letto la definizione dal punto di vista antropologico. Partiamo da qui.

Le tradizioni in Antropologia Culturale

Le tradizioni non sono esattamente permanenze del passato nel presente che si conservano nel tempo; non sono prodotti del passato, un qualcosa che appartiene a un altro tempo e che riceviamo nel presente. Piuttosto si tratta di un punto di vista che noi nel presente sviluppiamo sul passato, una interpretazione del passato condotta in funzione contemporanea.

In Antropologia Culturale il concetto di tradizione è legato al tramandare una cultura da una generazione all’altra, lasciando che quella parte del passato viva nel presente, un qualcosa che nel tempo preserva l’identità collettiva. È errato però pensare alle tradizioni come a qualcosa di immutabile, che resta sempre uguale.

Questa immagine della tradizione è stereotipata e fuori dalla storia, non soggetta a vicende, esperienze, incontri, cambiamenti, invenzioni. La storia dell’uomo è costruita invece su questo, su incontri, scambi e su culture che non restano chiuse in sé stesse, statiche, ma che sono in continuo mutamento.

La uniformità crescente nel gusto e nei consumi oggi genera una certa nostalgia nei confronti delle proprie radici e di conseguenza l’ansia di ritrovare ciò che si pensa rappresenti lo spirito autentico e originario di una cultura. Questo però il più delle volte porta a decontestualizzare pochi elementi, che spogliati appunto dal loro contesto non hanno molto senso e creano l’immagine di un passato che però è solo immaginario.

Invenzione delle tradizioni

Come dicevo, le tradizioni sono molto più spesso risultato di miscugli di diversa origine piuttosto che un’autentica e unica continuità con il passato.

Oltre a essere oggetto di continue trasformazioni, alcune sembrano il prodotto di vere e proprie “invenzioni”, come spiegato da Hobsbawm e Ranger nel saggio del 1983 “L’invenzione della tradizione“; queste sono lontane dall’essere trasmesse da una generazione all’altra per lungo tempo ma hanno una origine ben più recente e frutto di una scelta di selezione di alcuni aspetti del passato.

A quale scopo? In genere hanno una funzione sociale o politica. Ad esempio:

  • stabiliscono l’appartenenza a gruppi e a comunità, più o meno reali;
  • legittimano e danno fondamento a istituzioni e gerarchie sociali;
  • hanno come scopo l’instillare credenze, sistemi di valori, codici convenzionali di comportamento.

Diverso è dare inizio a una nuova tradizione senza rivendicare le sue antiche origini. Ma ne parleremo più sotto.

Tradizioni innovazione

Tradizioni spiegate a modo mio

Non mi riferisco necessariamente e limitatamente a quelle legate alle festività religiose e a tutto quello che ci gira intorno. Spesso tramandiamo cose che sono più rituali che vere e proprie tradizioni. Quindi utilizzo questo termine per indicare tutte quelle attività, quei gesti, quelle cose che ripetiamo nei giorni e negli anni, che a volte derivano dalla nostra famiglia di origine e ci ricordano l’infanzia, altre volte acquisiamo dalla famiglia del nostro partner, altre ancora sono cose che sperimentiamo entrando a contatto con le famiglie di amici o anche culture differenti.

Da tutto questo vengono fuori spesso nuove tradizioni che prendono il meglio dei vari stimoli che abbiamo assorbito e li rielaborano e mescolano. E poi invece c’è chi è immune a farsi “intaccare” e continua dritto per la sua strada. Le tradizioni non lo sono immuni ma alcune persone si.

È vero, le nostre tradizioni (nostre in quanto italiani o appartenenti alla nostra famiglia o a una certa Regione d’Italia, ad esempio) ci ricordano da dove veniamo e le nostre radici ovunque poi andremo nel mondo, danno conforto e senso di appartenenza.

Ma modificarle, innovarle o aggiungerne di nuove non significa rinnegare le radici. L’innovazione è semplicemente un modo nuovo di fare le cose. Riprendo ora le parole di una persona che ho conosciuto di recente online all’interno della community delle socialgnock e che esprimono alla perfezione la situazione della mia famiglia, quella composta da me e da mio marito.

“Noi due insieme stiamo codificando anno dopo anno una serie di tradizioni nostre, che ci rappresentano come coppia e come nucleo e che raggruppano tutto ciò che per noi ha valore e senso rispetto alle nostre radici.”

Quest’anno, per fare un esempio, abbiamo organizzato un viaggio la prima settimana dell’anno, a partire dal 31 dicembre. Questo perché preferiamo essere in un luogo pieno di bellezze da esplorare piuttosto che a casa ad aspettare la mezzanotte davanti all’ennesima tavolata ricoperta di cibo.

È stata un’esperienza splendida e siamo andati a dormire prima di qualsiasi brindisi ma dopo un aperitivo a base di tapas e Malvasia e di gelato in vaschetta direttamente a letto, salvo poi essere svegliati dal rumore dei fuochi d’artificio. Complice anche l’aver alloggiato in una roulotte vintage con vista panoramica sul mare a Lanzarote, è qualcosa che abbiamo sperimentato per la prima volta e che abbiamo amato, tanto che vorremmo ripeterlo il prossimo anno da qualche altra parte nel mondo. Magari questa diventerà la nostra tradizione di Capodanno.

Tradizioni innovazione

Se avete visto la serie tv “This is Us” sapete bene a cosa mi riferisco. La famiglia Pearson, quella composta da Jack, Rebecca e dai tre figli Kevin, Kate e Randall, dà vita a tutta una serie di sue tradizioni legate a cose che amano fare o che hanno origine magari da “rituali” in contrasto con ciò che avevano vissuto durante l’infanzia, terribile e disfunzionale da una parte, borghese, di facciata e talvolta opprimente dall’altra.

Le loro tradizioni e i loro rituali non sono uguali a quelli delle loro famiglie di origine, anzi a dirla tutta i borghesi e snob genitori di Rebecca non credo le abbiano viste bene e come sappiamo non hanno neanche apprezzato più di tanto la scelta della figlia di sposare un reduce del Vietnam senza lavoro, con poche prospettive e con alle spalle una famiglia problematica.

Questo rende le loro nuove tradizioni meno valide? Non credo. I tre figli a loro volta le hanno in parte adottate in ricordo del padre e in parte adattate e arricchite all’interno della loro vita. Come è naturale e giusto fare, secondo me.

Restando in tema serie tv, vogliamo parlare del Chrismukkah inventato da Seth Cohen in The OC per coniugare la tradizione cristiana della madre con quella ebraica del padre? Proviamo a pensaci nella realtà, ipotizziamo di avere ancora vent’anni e di portare a casa da genitori fortemente credenti (seppur non particolarmente praticanti) un ragazzo di una religione differente e con forti tradizioni legate ad essa. Alcune delle nostre famiglie magari potrebbero accettarlo senza stracciarsi le vesti. Ma sarebbe così per tutte? Non credo.

Li vedo già preoccupatissimi per il rituale del matrimonio che sceglierà la nuova coppia, se in favore di uno o dell’altro Credo, all’educazione da dare ai figli, alle tradizioni di famiglia che spesso sono legate alla propria religione anche in fatto di cibo. Qualcuno sono certa che potrebbe considerarla una situazione insormontabile, qualcosa che avrebbe preferito non vivere mai.

Tradizioni innovazione

Nel mio caso, tutto ciò con il quale vengo in contatto e che mi piace può solo avere un effetto positivo e arricchirmi. Ma io sono così in tutto, non potrei mai vivere arroccata sulle mie convinzioni e tradizioni senza mai guardare oltre, senza curiosare quel che c’è intorno, senza mettermi in discussione, senza farmi domande.

Non capisco sinceramente chi non ha desiderio di nuovo e chi pur avvicinandosi a mondi differenti lo fa come da dietro a un vetro, guardando con relativa curiosità ma anche distacco, senza respirarla davvero quella realtà così diversa e lontana dalla propria. Questo vale ad esempio (ma non soltanto) per i viaggi.

Chi non viaggia non perché non può ma perché non è interessato a scoprire cosa c’è oltre la porta di casa. E chi viaggia ma non lascia che le nuove esperienze gli cambino gli occhi, chi sente da subito la mancanza di casa, chi al primo intoppo anche banale non vede l’ora di tornare alla sua normalità, chi cerca sempre il ristorante “italiano” anche in capo al mondo, chi non parla con le persone del posto, chi frequenta solo le zone turistiche perché le considera sicure e così non soltanto non esce mai dalla propria comfort zone (che evidentemente non si estende mai oltre il proprio naso) ma si perde il meglio di un Paese e della vita.

Finora, soprattutto negli ultimi anni, ho avuto la possibilità di viaggiare abbastanza. Non dico molto ma abbastanza. E di farlo in maniera immersiva, non restando chiusa dentro le mura invisibili di un mega resort che ti assicura un letto, il mare con ombrellone, sdraio e asciugamano sempre a disposizione, il cibo, lo shopping, l’intrattenimento. Tutto scelto da altri per te, che rientri perfettamente in una tipologia di persona disegnata sempre da altri perché presenti certe caratteristiche.

Nel mondo o semplicemente dietro casa ho avuto il piacere di partecipare a un matrimonio ebraico e di assistere alla celebrazione di Pesach con una famiglia italiana di religione ebraica, ho partecipato al Thanksgiving con una famiglia americana a Boston, ho mangiato in ristoranti frequentati da locali in ogni viaggio e ogni volta che ne ho avuta l’occasione e probabilmente questa estate parteciperò a un matrimonio ortodosso a Cipro.

C’è chi ha sperimentato molto di più nei miei stessi anni di vita ma ve l’ho raccontato perché serve a farvi capire che, anche senza mollare tutto per girare il mondo a piedi e affidandosi all’ospitalità delle persone locali, è possibile fare esperienze speciali, di quelle che per forza di cose non ti lasciano uguale a prima ma che ti vedono tornare a casa cambiata anche solo dell’1%.

Tradizioni innovazione

Cosa ha a che fare tutto questo con le tradizioni? Magari sul momento non ci fai caso ma poi anni dopo ti trovi a ripensare a quelle esperienze e a voler inserire nella tua vita quei gesti e rituali, quelle immagini, quei cibi anche se non ci sei nata e cresciuta.

Perciò se sento dire che una certa tradizione è d’obbligo in quanto tradizione e quindi imprescindibile, permettetemi di storcere il naso. Prima cosa quella può esserlo per molti ma non per tutti e se non si sente la necessità di adottarla non lo si deve fare perché qualcuno pensa che invece dovremmo.

Magari per qualcuno è tradizione fare cose o mangiare cibi che per altri sono un curioso diversivo alla “tradizione ufficiale” e che comunque resta mal tollerato e da limitare. Pena gli sguardi sospettosi di chi la pensa diversamente.

Questo per dire che al di là delle tradizioni religiose, di quelle di famiglia o di qualunque altra cosa che ci ricorda la nostra infanzia o che semplicemente vogliamo tramandare, teniamo bene a mente che tutto è legato al contesto sociale, economico e culturale di ciascuno di noi. E, non per ultimo, alle scelte personali. In quanto tali, contestare più o meno velatamente le tradizioni diverse o le non-tradizioni di qualcuno potrebbe essere ritenuto scortese.

Non tanto per la critica in sé (anche se ogni tanto potremmo smetterla di criticare gli altri) ma perché magari lo si fa senza considerare le ragioni di quella diversa tradizione o di una non-tradizione. E badate bene che la non-tradizione non è una non-scelta e quindi tanto vale adottare la tradizione dominante. La non-tradizione è comunque una scelta, qualunque siano i motivi che stanno dietro; nessuno ha il diritto di criticare e di chiedere e allo stesso modo nessuno ha il dovere di spiegare.

Perciò, da una parte va bene mantenere la memoria del passato e della propria cultura e imparare dalle generazioni precedenti, ma loro (proprio perché più anziane e quindi, si spera, anche sagge) dovrebbero imparare ad accogliere le differenze e le variazioni e sentirsi arricchite da esse. Il passato dovrebbe essere il punto di partenza sui cui costruire qualcosa di nostro, non un bagaglio troppo pensante da portare ovunque. La varietà e il cambiamento sono tra gli aspetti più belli della nostra esistenza e la vita ha sempre una pagina bianca pronta per essere riempita con mille nuovi colori.

Per approfondire

Se siete proprio a digiuno di Antropologia Culturale e Sociologia vi consiglio di dar una lettura alle voci enciclopediche e poi eventualmente, se interessati, cercate i manuali basi di entrambe le discipline. Per approfondire un particolare aspetto, vi consiglio il libro che ho citato nel post e che riporto di seguito:

Chi sono
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Erica Ventura, fondatrice di StyleNotes.it, web writer, editor e blogger Amo il bello e provo a circondarmene in ogni aspetto della mia vita. Credo fermamente nell’utilità delle liste e che il mix vincente in ogni cosa sia composto da semplicità, equilibrio e un piccolo dettaglio a contrasto. La mia casa, il mio guardaroba e quel che metto nel piatto ne sono la conferma.

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